Di Milena Rampoldi, ProMosaik, 7 febbraio 2021. Le poesie del giornalista, attivsta per i diritti umani a favore dell’indipendenza dell’ultima colonia africana, il Sahara Occidentale, sono state pubblicate quest’anno da ProMosaik in traduzione inglese, tedesca ed italiana. Sono convinta dell’importanza della poesia a servizio della lotta per i popoli oppressi, perché credo nell’intensità estetico-espressiva della poesia che è un linguaggio universale che non solo esprime sentimenti personali, ma anche concetti, lotte e impegni politici a favore della giustizia. La poesia sahrawi per me si eleva ad una dimensione di lotta anticolonialista anche quando non parla direttamente della resistenza e focalizza su temi quali l’anelito per la patria, l’esilio, la madre, la donna, l’amore e il sentimento in generale.
L’aspetto che mi ha più colpito nelle poesie di Malainin Lakhal è proprio questo aspetto dell’abituale, del flusso della vita, dell’esistenza fondata sempre sul senso dell’essere esule, dell’essere fuori e dunque oppresso. La lontananza geografica dalla propria terra alla quale vi sarà solo ritorno quando sarà decolonizzata per la seconda volta e diverrà repubblica araba sahrawi indipendente dal gioco della monarchia marocchina.
Le violazioni dei diritti umani da parte della monarchia marocchina continuano indisturbate nei territori occupati. Per Malainin non vi sono soluzioni di compromesso, ma solo una possibilità per porre fine al conflitto. E questa unica opzione consiste nel restituire al popolo sahrawi il loro territorio sul quale istituire una repubblica araba sahrawi indipendente. E questa opzione decolonizzerebbe tutta l’Africa, in quanto il Sahara Occidentale è l’ultima colonia africana.
Il Sahara Occidentale a livello internazionale è un paese dimenticato da tutti, un deserto ricco di risorse che vengono sottratte al popolo sahrawi sotto gli occhi di tutti. Il mondo tace e il Sahara Occidentale continua a soffrire ormai da decenni. Sono poche le voci che si oppongono al Re di Marocco. La comunità internazionale sembra cieca.
Il destino del popolo del Sahara Occidentale, sparso per i campi profughi e fuggito all’estero, è segnato. Non vi è ritorno nel proprio paese, colonizzato dal Marocco. È simile, anche se molto diverso dal destino palestinese, uiguro e rohingya.
Contro la sordità del mondo credo la poesia possa fare molto di più di quanto si creda mai possibile.
I temi affrontati da Malainin ci permettono di accedere al mondo culturale del Sahara Occidentale, alla sua geografia, alla sua etnografia. Ci permettono inoltre di cogliere la dimensione esistenziale del poeta oppresso, in quanto resiste in una situazione di colonialismo che non riesce a sconfiggere. Nasce in lui il sentimento dell’alienazione, della sofferenza che caratterizza sia la sua vita nella sua patria occupata che fuori come esule che non può tornare. Sogna del ritorno a testa alta nella Repubblica libera sahrawi per la festa nazionale. Tutti i versi di Lakhal sono caratterizzati da questa ricerca e dalla poesia come mezzo di espressione della situazione dell’esilio, dell’anelito alla patria che viene trasformata in simboli fisici quali gli occhi, il seno della madre.
Scrive come proprio questo senso di alienazione e esilio insopportabile si trasforma in un canto poetico, nel mezzo di un campo profughi:
Il dolore di essere straniero è presente nella mia anima
Il dolore di essere straniero segna i miei sospiri
Il dolore di essere straniero è un ritmo che mi compone
Della nostalgia che caratterizza la mia voce
E costituisce l’essenza del mio canto
In una prigione gialla che sembra un miraggio.
Nella poesia intitolata “Leyla”, anch’essa dedicata alla patria come dimensione femminile della vita, Lakhal rievoca il compito del poeta che non consiste nel pianto, ma nella narrazione. Il suo compito è quello di parlare del suo dolore, di farlo conoscere al mondo per poter preparare la lotta per la libertà e la decolonizzazione.
A tal punto i venti del deserto ti urlano in faccia:
Sei stato abbandonato, così come dimentichi il suo amore,
Sei stato abbandonato per avere una storia d’amore da narrare,
Dunque mettiti a cantare e smettila di versare lacrime
Canta ed interrompi il tuo pianto.
Il cuore dell’esiliato è un cuore pesante, un cuore sofferente, colmo di memorie del deserto, della sua luna e della sua sabbia. L’esilio per il poeta è un’ossessione beduina. La notte rappresenta il dolore, il silenzio, la sofferenza e la crudeltà, che sposato con l’amore per la patria perduta si trasforma in poesia.
Ancora il senso della patria è un senso dell’assenza, della mancanza, che però mai perde di vista l’utopia politica della decolonizzazione e della liberazione della terra sahrawi dal giogo marocchino.
Video:
Video degli originali in lingua araba: