Jane
È una serata nervosa, con un vento cattivo che scuote i vetri, stacca le foglie del gelso e fa sbattere una persiana, chissà quale, sul muro scrostato.
Ho voglia di uscire con Harpo, lottare nella salita, chiudere gli occhi a fessura per riconoscere il cammino in questo vento furioso che trasforma gli alberi in mostri contorti e urlanti. Sarebbe una serata da Brontë, una lettura di “Cime tempestose” completerebbe l’atmosfera gotica di questa giornata, ma preferisco non farmi altro male e torno alla mia adorata Austen.
Ritrovo immediatamente la pace di una vita semplice, solitaria, la casa di mattoni rossi, la stalla con l’asino, il forno per il pane. La finestra che dà sulla strada lascia intravedere il pianoforte e il tavolo su cui, a metà pomeriggio, vengono serviti tè, panini, burro e marmellata, l’ultimo pasto della giornata.
Poi, nel silenzio della sua camera, appoggiata al tavolino vicino alla finestra, Jane tira fuori in gran segreto i suoi fogli, attenta al cigolio della porta per non essere scoperta, e scrive con la naturalezza della verità, senza sbavature e lungaggini, assorta nella vita dei personaggi più che nella sua.
La casa è un rifugio sicuro e una sorta di protezione dalle vicende esterne, un modo per fuggire ma, nello stesso tempo, per rafforzare le difese, diventare solida come quelle mura, sempre più semplice ed essenziale.
Non c’è bisogno di cercare al di fuori le storie da raccontare: gli ospiti, le cugine, i familiari, tutti compaiono nei suoi libri, trasfigurati o mascherati sotto altri nomi e altre forme ma sempre assolutamente veri e reali.
Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile.