Mavi Pendibene, Le disobbedienze dello sguardo

 

C’è un’espressione di Roland Barthes, “leggere alzando la testa”, che descrive molto bene l’attitudine a tenere in mano un libro seguendone le vicende e, nello stesso tempo, alzare lo sguardo dalla pagina alla finestra, dalle regolari linee scure della scrittura ai rilievi bizzarri di una collina dietro il vetro o al percorso di un’ape verso il fiore.


Non è un modo distratto di leggere, piuttosto una sorta di comunicazione che si crea tra l’autore, che ci parla del suo mondo e del suo paesaggio, e noi, con la nostra realtà e il nostro “intorno”, come una necessità di inserire la nostra vita e noi stessi nelle pagine che abbiamo davanti.


E mentre solleviamo lo sguardo, come a fermare l’emozione di una parola o l’immagine di un luogo, incontriamo il nostro paesaggio, le nostre sensazioni, e ci sentiamo coinvolti in modo reale, vivo: cominciamo a immaginare e a fantasticare ma in uno spazio assolutamente vero e capita, molto spesso, di scoprire nel libro qualcosa di noi che non sapevamo di possedere.


Io leggo in cucina, con lo sguardo a una finestra che, in questo momento, specchia dei piccoli peschi fioriti e le prime forsizie gialle: la riva della collina è verde d’erba tenera, qualche sasso scuro ferma la terra franosa.
Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile.

 

Le disobbedienze dello sguardo – Mavi Pendibene, Milena Rampoldi – Softcover – epubli