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C’è un’espressione di Roland Barthes, “leggere alzando la testa”, che descrive molto bene l’attitudine a tenere in mano un libro seguendone le vicende e, nello stesso tempo, alzare lo sguardo dalla pagina alla finestra, dalle regolari linee scure della scrittura ai rilievi bizzarri di una collina dietro il vetro o al percorso di un’ape verso il fiore.
Non è un modo distratto di leggere, piuttosto una sorta di comunicazione che si crea tra l’autore, che ci parla del suo mondo e del suo paesaggio, e noi, con la nostra realtà e il nostro “intorno”, come una necessità di inserire la nostra vita e noi stessi nelle pagine che abbiamo davanti.
E mentre solleviamo lo sguardo, come a fermare l’emozione di una parola o l’immagine di un luogo, incontriamo il nostro paesaggio, le nostre sensazioni, e ci sentiamo coinvolti in modo reale, vivo: cominciamo a immaginare e a fantasticare ma in uno spazio assolutamente vero e capita, molto spesso, di scoprire nel libro qualcosa di noi che non sapevamo di possedere.
Io leggo in cucina, con lo sguardo a una finestra che, in questo momento, specchia dei piccoli peschi fioriti e le prime forsizie gialle: la riva della collina è verde d’erba tenera, qualche sasso scuro ferma la terra franosa.
Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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Da assumere a piccole dosi, non più di due al giorno, preferibilmente la sera, dopo i pasti
Non aspettarsi grandi avvenimenti o rivelazioni. Questo libro è semplicemente un piccolo diario di emozioni.
Questo libro è un po’ come un documentario: inevitabili certe lungaggini, ma ogni tanto qualche finezza vi si può cogliere.
E infine, per favore, quando e se arriverete alla fine, vogliatemi lo stesso bene che mi volevate prima di cominciare a leggereScrivo per te. Sposto gli aggettivi, scelgo parole più rudi e maschie perché le senta tue, abbrevio i pensieri perché non ti sia pesante sentirmi leggere e il piacere che ho nel farlo è lo stesso di una tua carezza. o di un abbraccio dietro la porta. Scrivo per me, per la gioia che sento nel riuscire ad esprimermi, per la felicità di vedere la forma del pensiero che si schiude davanti ai miei occhi, e quando rileggo vedo altre storie e altri luoghi dietro alle parole, come un mondo che si rivela a lampi, che appare e scompare. Scrivo per coltivare una nuova vanità, quando quella legata all’aspetto ed alla seduzione non avrà più senso, o forse scrivo perché mi dà pace, mi chiude dolcemente le palpebre la notte, imprime nella memoria voci ed immagini che avrei già dimenticato, quasi una dote di felicità nel mio incerto futuro.Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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Caro Zorro,
ancora non ti conosco e sento già il bisogno di scriverti, di raccontarti in prima persona quello che un giorno sentirai da tuo padre. Ti confesso che la prima sensazione che ho provato alla notizia del tuo arrivo è stata di malinconia: ho pensato che non sarei stata nel tuo futuro, non ti avrei accompagnato che per un breve tratto, insomma, mi sono sentita vecchia.
Sarai un nipote d’oltremare, lontano fisicamente dalla mia vita e dai miei posti e forse non avrai la possibilità di conoscere bene questa nonna del continente: anche per questo ti scrivo.
Un giorno verrai in questa cascina antica, ti guarderai attorno spaesato: abituato alla tua luminosa casa di Sardegna dai muri bianchi e le finestre che scoppiano di luce, ti stupirà vedere l’ombra che invade la cucina anche in pieno giorno, le pareti polverose di cenere, le piccole ragnatele che si nascondono dietro i mobili o negli angoli.
Ti sarà strano sentire il silenzio, il fruscio del vento, il canto del gallo che irrompe nell’aria come lo scarabocchio d’una matita colorata.
E se verrai d’inverno, ti farà paura il buio ghiacciato delle notti, la sensazione del vuoto intorno alla casa, l’impressione inquietante di essere caduto nel fondo di un abisso. Fisserai un orizzonte non più lontano del vecchio gelso e tutt’intorno la neve coprirà le immagini che già ti sembravano familiari e ti saranno di nuovo ignote e misteriose nelle improvvise e monotone sequenze del bianco.
Io abito in questa casa, caro piccolo Zorro, sono la nonna di campagna, quella un po’ strana, che sta sola e non ha paura della solitudine.
Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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Da sempre penso ad un incipit così. In realtà ho un solo fra¬tello ed è un insegnante di filosofia in pensione: nulla di eroico.
Eppure il nostro sangue era forte, coraggioso, plasmato nei se¬coli dal salmastro delle onde e dal cupo bagliore di un orizzonte in tempesta, eroiche le vite dei nostri antenati capitani di velieri, che solcavano il mare per mesi, le bianche vele soffiate dal vento, verso luoghi lontani e ignoti, soli nei vasti e sconfinati spazi ocea¬nici.
Cosa ci è accaduto? Dov’è finito lo “spirto guerrier” che aveva in qualche modo caratterizzato i miei avi?
Mio fratello, prima di andare a trovare mia madre, si informa sulle condizioni meteorologiche anche se vive a pochi chilometri: se piove prende il treno.
Da parte mia poi, vivrei reclusa nello spazio della mia casa, gli arresti domiciliari sarebbero la mia condizione ideale: ogni piccolo spostamento mi irrita e preoccupa, se non fosse per il lavoro non lascerei mai la mia adorata cucina e la mia veranda fiorita, il viag¬gio non fa parte dei miei sogni né dei miei programmi. Potrei pen¬sare che è tutto imputabile all’età. Potrei, ma in realtà credo che il viaggio non sia mai stato nei miei cromosomi, neppure in gio¬ventù; eppure li ho fatti, disagiati, stancanti, folli, inutili. In una notte ho attraversato quattro frontiere per arrivare ad Istanbul, dormire in macchina e ripartire al mattino.
…
Per entrambi, la stessa ferrea e caparbia volontà di non tornare indietro.
Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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Volevo imparare tutto, fare tutto quello che oggi non farei più nemmeno sotto minaccia, volevo dimostrare che non ero una ra-gazza viziata di città ma una donna seria: così ho ucciso e scuoiato i miei conigli, ho tirato il collo e spiumato le galline, ho legato il maiale prima della scannatura, curato una ventina di alveari e sono finita all’ospedale per un eccesso di punzecchiate: stavo lì in cuci-na con una faccia enorme tenuta insieme da un fazzolettone, gli occhi così gonfi da scomparire nelle pieghe delle guance e un dolo-re acuto al minimo cambiamento di luce.
Seduta sulla panca li sentivo, lui e Daniela, parlare e ridere come se io non ci fossi e poi lei che vuole fare lo strudel e con un colpo un po’ più forte fa cadere a terra il cestino delle uova: tre giorni di raccolta andati in fumo, almeno trenta uova leccate sul pavimento dai miei cani.
Ora il prato è ben rasato, le rose ordinate a cespugli dietro casa assieme alle aiuole delle aromatiche che crescono rigogliose e pro-fumano l’aria, il pesco carico di frutti quasi maturi.
In qualche maniera ce l’ho fatta, oggi mi pare sia stato facile.
“In questa casa tutto è storto, tutto asimmetrico, nulla di rego-lare” diceva. “È il suo bello”. E forse in questo aveva ragione: quella piccola persiana scura che cede al peso degli anni ha il suo senso, la sua ragione; nemmeno io sono più dritta come un tempo, sarebbe innaturale, ridicolo, e allora la guardo con la stessa tene-rezza che aveva lui per le cose, e la vedo perfetta sopra l’intonaco appena un po’ scrostato e l’edera che cade con grazia dai travi del tetto senza avere l’aria dell’abbandono. Solo quella del tempo che passa.Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile.
Andiamo a comprare la capra: abbiamo l’indirizzo di un piccolo nucleo di case e le sorprese che ci attendono sono ben al di là di ogni immaginazione.
Sarà la serata piovosa o questo cielo nero viola, ma l’improvvisa visione del luogo mi inquieta e mi mette in uno stato di agitazione.
Un arco di pietra antica si apre su un ampio cortile fango-so, le case e le stalle fatiscenti appaiono improvvise come fan-tasmi neri.
Una vecchia ci viene incontro e ci indica un uomo che spinge vigorosamente un grosso toro verso una vaccherella smunta e spelacchiata, offerta in sacrificio per la continuazione della specie; tra muggiti e imprecazioni, queste ultime da parte dell’uomo, finalmente ci vede, ci stringe le mani con le dita unte di una pomata giallastra, ci invita in casa.
Sul pavimento di terra battuta le galline razzolano libere, in un angolo un porcellino tenta di raggiungere il secchio del lat-te.
La stufa senza tubo sparge nell’aria vapori nerastri, due bambini dalle guance rosse giocano ai piedi della vecchia che impasta sulla madia una farina scura: mi viene da chiedere se è integrale, mi trattengo, è una domanda stupida.
Nel frattempo l’uomo, senza lavarsi le mani, ci porge un bicchiere di vino. Simone mangia contento spicchi di un mandarino marrone che i bambini gli offrono, siede a terra con loro lanciandomi occhiate di sfida. Il dottor Spock, se è morto, si rivolterà nella tomba!
Se Dio vuole, lasciamo infine la cucina e ci dirigiamo alla stalla per vedere la capra: in bocca ho ancora il vino, aspetto l’occasione di sputarlo da qualche parte. |
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Jane
È una serata nervosa, con un vento cattivo che scuote i vetri, stacca le foglie del gelso e fa sbattere una persiana, chissà quale, sul muro scrostato.
Ho voglia di uscire con Harpo, lottare nella salita, chiudere gli occhi a fessura per riconoscere il cammino in questo vento furioso che trasforma gli alberi in mostri contorti e urlanti. Sarebbe una serata da Brontë, una lettura di “Cime tempestose” completerebbe l’atmosfera gotica di questa giornata, ma preferisco non farmi altro male e torno alla mia adorata Austen.
Ritrovo immediatamente la pace di una vita semplice, solitaria, la casa di mattoni rossi, la stalla con l’asino, il forno per il pane. La finestra che dà sulla strada lascia intravedere il pianoforte e il tavolo su cui, a metà pomeriggio, vengono serviti tè, panini, burro e marmellata, l’ultimo pasto della giornata.
Poi, nel silenzio della sua camera, appoggiata al tavolino vicino alla finestra, Jane tira fuori in gran segreto i suoi fogli, attenta al cigolio della porta per non essere scoperta, e scrive con la naturalezza della verità, senza sbavature e lungaggini, assorta nella vita dei personaggi più che nella sua.
La casa è un rifugio sicuro e una sorta di protezione dalle vicende esterne, un modo per fuggire ma, nello stesso tempo, per rafforzare le difese, diventare solida come quelle mura, sempre più semplice ed essenziale.
Non c’è bisogno di cercare al di fuori le storie da raccontare: gli ospiti, le cugine, i familiari, tutti compaiono nei suoi libri, trasfigurati o mascherati sotto altri nomi e altre forme ma sempre assolutamente veri e reali.
Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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Per raccontare un cammino serve una prosa sommessa, un sentiero silenzioso sullo sfondo di un cielo, di un fiume, di una collina.
Abito un mondo che muore, in un paesaggio sempre più devastato e percorso da segnali preoccupanti: per questo cerco un’altra vita possibile non parallela ma compresa in quella che vivo, dove la dolcezza e il sogno riprendono il loro posto, dove tutto si ricompone e si può dialogare con le cose.
Sono una camminatrice di colline, di pendii, di balze e boschi scoscesi, percorro e ripercorro questi luoghi, li penso e li ripenso, li sogno come se esistessero solo nell’iride dei miei occhi, li investo di nostalgia prima ancora di perderli e, a quel punto divento vigile e precisa, cerco la coincidenza perfetta tra ciò che vedo e ciò che voglio: la solitudine arricchisce lo sguardo e permette di raccontare l’emozione.
Tutto questo per dire che la pienezza delle sensazioni non nasce da noi ma da una bellezza che viene dal- l’esterno, dallo scenario che ci circonda: in questo caso la bellezza non è “negli occhi di chi guarda” ma è oggettivamente reale davanti a noi e noi diventiamo responsabili dell’armonia tra natura e cultura, tra l’uomo e il mondo.
Responsabili della continuità
Un breve romanzo sulla vita, sul cammino e sulla ricerca interiore. |
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Papà ascolta la musica, gli piacciono i Pink Floyd, Crosby, Still, Nash and Young, Santana. A mamma piacciono Lucio Battisti, Guccini e Francesco De Gregori: quando siamo in macchina però, ascoltiamo solo quello che vuole lui.
Una volta lei gli ha detto che è un prepotente e lui l’ha fatta viaggiare dietro nel furgone.
Mi piace quando mamma dice quello che pensa anche se non serve a niente: lei lo guarda fisso e con calma, senza alzare la voce, gli parla, poi sta di nuovo in silenzio per non farlo innervosire.
In quei momenti è più forte di lui e papà lo sa.
Quando mamma lo ha conosciuto, lui si metteva sempre la giacca e la camicia, come il nonno Franco; poi ha cambiato modo di pensare e si è vestito diversamente: non porta i camicioni come i nostri amici ma ha sempre i jeans e, d’inverno, una giacca che viene dall’India con dentro la pelliccia.
Anche mamma, prima, portava le gonne corte e le camicette e sembrava più giovane; a me piacciono i vestiti colorati che ha adesso ma, quando viene a scuola a parlare con il maestro, si veste come le altre mamme per non farmi sentire diverso.
Con lei mi sento tranquillo. Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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Cosa ci possono raccontare una ringhiera, uno steccato, una persiana?
Sono comparse, non protagonisti, sono cose senza storia.
Ho scritto queste pagine perché penso esattamente il contrario: messi sotto la lente d’ingrandimento o semplicemente presi in considerazione, gli oggetti rivelano una vita propria che interagisce con la nostra, smuovono ricordi, generano emozioni.
Se lo sguardo non si smarrisce, gli oggetti parlano e noi diventiamo testimoni di una vita silenziosa che sfugge alla prigione delle loro forme e alla familiarità del nostro sguardo. Così, improvvisamente in primo piano, le cose più insignificanti scoprono se stesse e diventano soggetti di un universo, aperture sul mondo.
Basta un nostro sguardo e gli oggetti si trasformano in creature speciali, contente di essere guardate, ansiose di dimostrare la loro individualità.
Gli oggetti non pretendono una contemplazione ma considerarli crea una rete di corrispondenze sottili, qualcosa che può aiutarci a sognare e riportarci nella felicità e nell’ordine immanente delle cose.
“Le seduzioni del consueto” è proprio un breve viaggio attraverso gli oggetti, un volo tra i profumi, i colori e i suoni che attirano e suscitano simultaneità più lontane e profonde.
Sullo sfondo la casa, sempre lei, che si materializza nei semplici oggetti quotidiani che popolano le pagine e diventa, ancora una volta, luogo di sogno, di memorie, di vita vissuta.
Un romanzo dell’autrice italiana Mavi Pendibene, pubblicato da ProMosaik, insieme agli altri romanzi e racconti dell’autrice. Un approccio esistenziale alla letteratura. E soprattutto letteratura al femminile. |
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