Giulio Di Luzio – Libertà negata tra religione e psichiatria

 

Il Tarantismo è un fenomeno storico-religioso presente soprattutto nei piccoli paesi dell’Italia del Sud fino a qualche decennio fa ma ora ridotto a episodi sporadici, trattati come folklore.

Tuttavia, è stato largamente studiato, non solo in Italia, con ricerche universitarie effettuate sul campo, in particolar modo nel Salento, area geografica in provincia di Lecce, in Puglia.

Esso ha origini molto antiche, che si fanno risalire all’età greca.

Si racconta che durante la stagione estiva alcune braccianti raccoglitrici di tabacco venivano punte da un ragno, la tarantola, che provocavano una serie di sintomi come uno stato di assenza psico-fisica, mancanza di appetito e di desiderio sessuale, debolezza, insomma una forma di catalessi del corpo abbandonato a sé stesso, che una parte dell’opinione pubbliche paesana assimilava a persone disturbate mentalmente.

Le tarantate erano giovani contadine povere, che vivevano in casolari abbandonati di campagna senza luce e servizi igienici, umiliate dalle figure maschili della famiglia -fratelli, padri e mariti- e conducevano una vita di lavoro e di preclusioni sociali, affettive e sessuali.

A ridosso della stagione estiva, epoca del raccolto e del guadagno per la vendita dei frutti della terra, con cui onorare i debiti contratti durante l’anno, esse iniziavano a vivevano una trasformazione dei loro comportamenti.

 

In particolare, con l’avvicinarsi del 29 giugno, festività di San Paolo protettore delle tarantate, le donne mostravano una inaspettata vitalità fisica, diventavano aggressive come mosse da un irrefrenabile bisogno motorio, desiderose di esprimere tutto il loro protagonismo –represso tutto l’anno- con atteggiamenti di tipo erotico e movimenti simili a quelli del ragno, come arrampicarsi sui mobili o strisciare per terra.

Alcuni suonatori si recavano nelle loro misere abitazioni, per effettuare un rituale musicale, che le faceva danzare per ore al ritmo dettato da fisarmonica, chitarra e tamburello.

Dopo alcuni giorni di questa forma di esorcismo esse riprendevano il sorriso e l’appetito e quindi venivano portate, come comandava la tradizione centenaria, su carretti trainati da cavalli, alla chiesa di San Paolo in un paesino vicino Lecce, Galatina, per ringraziarlo dell’avvenuta guarigione.

Qui, scapigliate e disadorne, vestite con lunghe gonne bianche e avvinte da uno stato di ebbrezza -come ubriache- si esibivano salendo sull’altare, saltellando come grilli al comando del ritmo, dettato dai suonatori.

La musica martellante le induceva a movimenti sempre più violenti, che portavano alcune di loro a procurarsi ferite nelle cadute in chiesa o sul selciato del piazzale esterno, fino a richiedere l’intervento della forza pubblica.

Al termine di questa forma di ringraziamento, fatto di musica e danza, esse bevevano l’acqua del pozzo della chiesa di San Paolo e vomitavano il veleno iniettato tempo prima dalla puntura della tarantola sui campi di raccolta del tabacco.

 

Quindi ritornavano nei loro comportamenti abituali tra gli abbracci dei familiari.

Negli anni molte donne povere, vittime anch’esse di una vita sottomessa ai maschi e alla sottocultura paesana, iniziarono a mostrare gli stessi sintomi, pur non lavorando nei campi di tabacco e quindi non essendo state morse dalla tarantola.

Come mai?

Si parlò quindi morso virtuale del terribile ragno.

In altri termini esse si ribellavano alla loro condizione di povertà esistenziale, in cui tutto era negato, compresi gli affetti e la sessualità, ed entravano in una condizione di trance psichica allo stesso modo delle donne morse dal ragno.

Esse dunque riscattavano in quel periodo estivo tutte le restrizioni -emotive e fisiche- e gli stenti accumulati durante l’anno, esattamente come pagavano con la raccolta della terra i debiti accumulati.

 

Il racconto narra di una tarantata, che negli anni del boom economico italiano, gli anni Sessanta, si attarda ancora in condotte anacronistiche, non più tollerate dalla Chiesa e dal mondo medico, che quindi scelgono di sbarazzarsene, facendola passare per matta dopo un amore negato.

 

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