Intervista con la scrittrice e illustratrice:
Perché hai deciso di dedicarti all’illustrazione di libri per bambini?
Perché un giorno mi è capitato tra le mani il libro di Jutta Bauer “Selma”. La storia comincia con la domanda “Che cos’è la felicità?” e la pecora Selma tenta di rispondere descrivendo le sue giornate, fatte di erba da brucare e staccionate da saltare. Quando poi le viene chiesto cosa farebbe se vincesse al Lotto, Selma risponde che continuerebbe a brucare erba e a saltare staccionate e a me sono scese le lacrime. Non solo perché ho avuto la netta sensazione che fosse il libro a leggere me ma anche perché, proprio come Selma, ho capito che anche io avrei voluto vivere facendo le due cose che mi davano più gioia sin da quando ero bambina: scrivere e disegnare.
Qual è l’importanza educativa ed etica dei libri per bambini?
Innanzitutto, un libro illustrato non è un semplice prodotto: non soddisfa un bisogno puramente materiale e si rivolge ad un pubblico di lettori e non di consumatori. Di conseguenza chi lo riceve ha un ruolo attivo, deve mettere del suo nella lettura e nell’elaborazione dell’idea che c’è dietro. Un libro cerca sempre di soddisfare l’esigenza di poesia e bellezza insita in ciascuno e lo fa con i colori, con i disegni, con le parole, con tutti i grandi “emarginati” della società. Ed è proprio in questo orizzonte aperto a cui ci invita, fatto di dialogo e di punti di vista diversi, che risiede il suo potere etico ed educativo.
Secondo ProMosaik l’illustrazione è fondamentale e va promossa. Quali sono gli ostacoli oggi causati dall’appiattimento dell’arte e dell’espressione artistica?
Oggi, l’ostacolo maggiore deriva dal fatto che sono sempre meno gli editori interessati a pubblicare autori e illustratori con una personalità, perché il nuovo, non essendo stato collaudato, comporta dei rischi. Tuttavia, bisogna riconoscere che quello dell’editore non è un ruolo facile: pur occupandosi di cultura, non è un artista e le logiche che segue sono di mercato e spesso estranee a coloro che pubblica e che hanno esigenze più esistenziali che aziendali. Tuttavia, nella misura in cui un artista e una casa editrice vogliono collaborare insieme, un compromesso deve essere fatto, da entrambe le parti. L’editore deve smettere di pensare al libro solo ed esclusivamente in termini di guadagno e l’illustratore deve accettare i limiti che gli vengono imposti dal circuito… un circuito in cui, tra l’altro, può decidere di non entrare.
Per ProMosaik è fondamentale promuovere artisti ed illustratori provenienti da tutte le culture per mettere in risalto le diverse espressioni artistiche per promuovere un dialogo interculturale autentico. Che ne pensi di questo?
Sono totalmente d’accordo (e non solo perché sono un’italiana espatriata in Francia). Anzi, penso che sarebbe il colmo se una casa editrice non fosse capace di accettare e lavorare con delle alterità. In un libro illustrato ad esempio ci sono troppe sfumature perché vi sia spazio per le opinioni assolute e ciò fa di lui l’antidoto del mondo radicalizzato che vorrebbe smettere di dialogare e di creare. Nessuna arte degna di questo nome potrebbe fare a meno delle differenze, culturali e non. La creazione stessa (che si tratti di un piccolo scarabocchio o di una bibbia illustrata) è il risultato di forze spesso dissonanti che l’artista ha trasformato per fare ordine dentro e fuori di sé. Credo che una casa editrice degna di questo nome debba avere la stessa capacità di scendere a patti con la diversità.
Parlaci dei tuoi progetti.
Ho scritto un romanzo illustrato che, se nessuno vorrà editare, editerò da sola e sto mettendo a punto dei racconti e delle poesie. Scrivere e disegnare sono come respirare, a volte faccio respiri più corti, altre più lunghi e profondi ma, in fondo, non posso smettere di farlo se voglio continuare a vivere felice. Inoltre, ho da poco lanciato il mio nuovo sito, creato dal mio caro amico Olivier Milovanovitch che non smetterò mai di ringraziare. Vi invito a visitarlo, si chiama: terradimandorla.com
Parlaci delle sfide della tua professione e della tua utopia dell’arte come mezzo per promuovere pace e convivenza partendo dall’infanzia.
Al di là di tutti i motivi economici e geopolitici, e volendo semplificare al massimo, tutte le guerre nascono quando si comincia a credere in un assoluto. Porsi delle domande e dialogare sono quindi due dei modi per evitare di cadere nella trappola della violenza… e io non ho mai visto un libro illustrato che non terminasse con una domanda o, al massimo, con una timida risposta. Semmai ne trovaste uno, non compratelo! Un libro dev’essere un orizzonte aperto sul mare in cui c’è posto per tutti. Inoltre, è importante che questo oggetto entri nella vita delle persone sin dall’infanzia perché i valori dell’accoglienza, che spesso contiene, richiedono esercizio.
Che cosa possono apprendere gli adulti dai libri per bambini e che importanza hanno favole a
sfondo politico per gli adulti di oggi?
Per me “libro per bambini” è uno stratagemma linguistico per far passare più facilmente un messaggio duro e che sarebbe intollerabile leggere se non fosse coperto da un disegno o da una filastrocca; o ancora un’etichetta per orientare i clienti tra gli scaffali di una libreria. Con questo voglio dire che non esistono “libri per bambini”. Un buon libro è per tutti e in quanto tale travalica i generi.
Per quanto riguarda la seconda domanda, mi riallaccio a quanto ho appena detto: raccontare una storia a sfondo politico con gli strumenti della favola è un’ottima idea perché questo genere letterario gioca sui contrasti e permette di dissimulare un messaggio forte e di parlare di politica con un linguaggio metaforico e accessibile a tutti. Si può parlare di qualunque cosa nelle favole e qualunque cosa dicano arrivano lontano: non si limitano quasi mai all’infanzia del lettore e lo accompagnano per tutta la vita.