Melchiorre Pietranera. L’ho conosciuto dalla nascita, per tutta la mia giovinezza, come parente, medico, artista e in ultimo come poeta. Era schivo, sempre in disparte, di poche parole, ma quando apriva la bocca, diceva la verità. Era una di quelle persone che non faceva sfoggio della sua intelligenza, ma che la metteva a disposizione di chi sapeva apprezzarla. Era rispettato da chiunque lo conoscesse, come persona, come artista. La verità usciva dalle sue rare parole, ma ancor più dalle sue pitture e poesie.
Ho deciso di studiarlo, perché lo conoscevo, sì, è vero, era mio parente, ma non conoscevo niente della sua opera. Avevo potuto ammirare parecchi quadri, ma era tutto quello che sapevo di lui. Sapevo che era molto apprezzato, che i suoi quadri erano molto amati dagli abitanti della montagna reggiana, ma a un certo punto ho sentito il bisogno di approfondire la sua conoscenza artistica, di cercare di “tirare le fila”, mettere un ordine tra le sue opere e cercare di entrare nell’animo di questo artista che, per la sua grande semplicità e riservatezza, è sempre stato lontano dai “riflettori” e dagli ambienti culturali più conosciuti.
Ho quindi approfittato della tesi di laurea per proporre ai miei professori di Storia dell’arte contemporanea dell’Università Ca’ Foscari di Venezia di farla su di lui. Ho iniziato quindi un lavoro di ricerca di base molto approfondito, grazie al quale ho cercato, analizzato, catalogato le varie fonti, tutte originali, fornitemi direttamente dalle figlie Angela ed Elena. Le suddette fonti erano in ordine sparso e il mio impegno è stato quello di trovarle e ordinarle, di organizzare cronologicamente le opere pubblicate, di analizzare gli scritti trovati su vari bigliettini, a mano o a macchina, di mettere ordine alla massa di pagine sulla sua poetica lasciata tuttora inedita. Successivamente ho cercato e analizzato la bibliografia critica, le corrispondenze con critici, giornalisti e artisti, come Diego Valeri, Nora Rosanigo, Teresa Romei Correggi. Infine, ho creato un repertorio di immagini, di pitture e di poesie, per dare esempi concreti delle opere di Melchiorre.
Questo lavoro di ricerca sull’opera di Melchiorre è stato in realtà molto di più. È stato per me un viaggio all’interno della sua anima, e come tale mi ha aperto un mondo sconosciuto e meraviglioso, estremamente interessante e stimolante, che mi vedeva talvolta stupita e talvolta imbarazzata. Un imbarazzo sempre rispettoso, comunque, che nasceva semplicemente dal fatto di aver scoperto e messo a nudo i pensieri più profondi di una persona.
Il titolo di questo saggio, un chiasmo, vuole esprimere la tesi fondamentale che intendo dimostrare: la profonda interazione e inscindibilità tra la pittura e la poesia di Pietranera. Per questo parlo di parole in pittura e di immagini in poesia: per Melchiorre la pittura e la poesia erano in realtà un tutt’uno, vanno analizzate insieme, se si vuole capire veramente l’opera di questo artista. Nei capitoli che seguiranno percorreremo la vita di Melchiorre, che è scorsa tra il lavoro di medico, gli affetti familiari e le sue attività artistiche, in modo apparentemente sereno e tranquillo, ma che ha rivelato con le sue pitture e soprattutto con le sue poesie un animo in contemplazione, nella continua ricerca della comprensione del senso della vita, ma nella sofferenza di non trovarlo.
È mia speranza aver dato un utile contributo alla ricerca su Melchiorre Pietranera, grande esponente dell’arte e amatissimo autore del nostro caro Appennino Reggiano, ma anche grande uomo che ha condotto la sua vita in base ai valori puri della famiglia, del bene verso gli altri come medico, e che ha saputo anche nell’arte mantenere sempre una purezza di intenti e di valori.
Ricordo le visite in Casa Burani, durante le afose ed assolate estati nella campagna reggiana, tra chiacchiere, risate, torta di mele e caffè. Non si notava la sua presenza silenziosa e discreta, ma si notava invece la sua assenza. O almeno la notavo io, che, curiosa, lo andavo a cercare. Lontano, in mezzo ai campi, scorgevo il cavalletto e, vicino, una figura assorta, in contemplazione. Superando il timore di interrompere una sorta di magia, a volte gli andavo vicino, per vedere cosa stava dipingendo, e sempre mi riservava un sorriso, una carezza. Poi tornava assorto ai suoi pensieri. Quello che vedevo erano solo tratti, abbozzi, ma poi la magia si produceva nei quadri che ci mostrava, e regalava con grande fierezza.
Grandemente apprezzato in vita come medico tra gli abitanti dell’Appennino reggiano, per la sua gentilezza, sensibilità, passione, capacità di ascolto, è ancor più apprezzato ora, e lo sarà in futuro, per la sua arte come pittore e poeta. Le stesse doti di medico si manifestano anche nei suoi quadri e nelle sue poesie, questa stessa sensibilità nel raccontare i sentimenti attraverso volti di giovanetti e fanciulle, volti di donne e bambini, ma anche questa stessa capacità di carpire il senso della natura, attraverso i suoi paesaggi. Le poesie, poi, sono espressione della sua anima più profonda, che rivelano la sua grande conoscenza dell’animo umano con l’uso di un linguaggio sempre carico di emozioni e sentimenti.
Così è il nostro artista, uomo di scienza ma con una grande emotività interiore che manifesta nella sua produzione pittorica e poetica.
Perché l’arte, in tutte le sue manifestazioni, è essenzialmente emozione.
È con questa stessa emozione, e commozione, che presento l’artista Melchiorre Pietranera.
Esempio di una poesia:
Ormai
divelto è l’albero.
Squamano in lebbra i colori.
Lacerata è la vela, la mia vela è caduta.
Signore, volgi a me la Tua mano.
Non miracoli T’offro: solo la mia follia. A piedi
Ti volli inseguire
sopra l’onda del lago.
Guardai lontano, non il palmo della mano.
Il miracolo è nella mia mano
solo che io offra la mano.
Nulla ho che Tuo non sia.
Di mio solo l’orgoglio.